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Corte d'Appello di Bologna > Fondo di Garanzia INPS
Data: 25/03/2009
Giudice: Benassi
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 241
Parti: INPS/ Nicola C.
FONDO DI GARANZIA - PREVENTIVA ESCUSSIONE DEL DEBITORE PRINCIPALE - UNICO PIGNORAMENTO INFRUTTUOSO - SUFFICIENZA.


L. n. 297/82

D. LCS. 80/92

 

La Corte di Appello di Bologna, con la sentenza che si annota, ha affrontato la questione relativa alla individuazione dei presupposti - incapienza del patrimonio dell’ex datore di lavoro - per l’intervento del Fondo di Garanzia istituito presso l’INPS, nei casi in cui il datore di lavoro non sia assoggettabile alle procedure concorsuali.

Il sig. Contini aveva convenuto in giudizio, dinanzi al Tribunale di Parma, l’INPS chiedendone la condanna, quale gestore del Fondo di Garanzia, ex l. 297/82 e d. lgs. 80/92, al pagamento delle somme a lui dovute dall’ex datore di lavoro a titolo di TFR e di crediti relativi alle ultime tre mensilità, poiché l’istanza era stata rigettata dall’Ente Previdenziale in sede amministrativa, sul rilievo che il verbale di pignoramento negativo esperito non aveva dimostrato l’incapienza del patrimonio mobiliare.

Il Tribunale di Parma, radicatosi il contraddittorio, aveva accolto la domanda del Contini, ritenendo che quest’ultimo avesse fornito in causa prova convincente dell’inesistenza in capo all’ex datore di lavoro di cespiti pignorabili (mobiliari e immobiliari).

Avverso tale decisione aveva proposto appello l’INPS affidato ad un unico motivo, in particolare, rimarcando che la prova sufficiente ed esaustiva della insufficienza delle garanzia patrimoniali del datore di lavoro non era stata fornita dal lavoratore: infatti “il tentativo di pignoramento aveva portato alla mera attestazione del fatto che l’attività imprenditoriale era ivi cessata, ma era, altresì, risultato che il pubblico ufficiale non aveva promosso alcun tentativo di entrare all’interno della sede della società pignorata al fine di verificare l’esistenza di beni ignorabili”. Il Giudice di prime cure era così incorso in errore.

La Corte territoriale, richiamando una recente pronuncia della Suprema Corte, ribadisce che per il lavoratore, obbligato ad esperire preventivamente l’esecuzione forzata sui beni dell’ex datore di lavoro - non assoggettabile alle procedure concorsuali - ed onerato della dimostrazione dell’insolvenza dello stesso sia sufficiente “l’esperimento di una procedura esecutiva individuale - che si sia rivelata infruttuosa - senza che ne sia necessario il compimento”(Cass. 22647/09 cit.).

In particolare la Corte, dopo aver preliminarmente osservato che “la norma di cui alla l. 297/82, art. 2, comma 5 (come pure l’analoga disposizione di cui al d. lgs. 80/92), prevede l’onere del creditore di dimostrare la mancanza o l’insufficienza delle garanzia patrimoniali del debitore ed individua nell’esperimento dell’esecuzione forzata il mezzo necessario per accertare la mancanza o l’insufficienza delle garanzia patrimoniali del debitore”, conferma un orientamento della giurisprudenza di legittimità formatasi sull’argomento, secondo il quale “il suddetto onere costituisce mera espressione di quella ordinaria diligenza che l’ordinamento richiede a qualunque titolare di una situazione giuridica di vantaggio, quale ne sia il contenuto, per poterla utilizzare conformemente alla sua funzione e trarne la corrispondente utilità” (così Cass. n. 4783/2003 cit. in motivazione).

E’ dunque necessario, secondo il Giudice d’Appello, che il lavoratore dimostri di aver esperito un serio ed adeguato tentativo di soddisfacimento del proprio credito sui beni del debitore, tuttavia, “trattandosi di attività diretta al concreto soddisfacimento di un credito, per valutare la sussistenza dell’ordinaria diligenza deve tenersi anche conto della sua economicità”. Invero, come peraltro precisato dalla Suprema Corte, ne risulta esclusa la necessità, per il lavoratore, “di intraprendere o proseguire un’esecuzione i cui costi, non recuperabili, superino quelli del credito ovvero quando l’esecuzione si appalesi aleatoria” (si veda ad esempio anche Cass. n. 14447/2004).

Allo stesso modo deve escludersi “la necessità di esperire l’esecuzione forzata anche nel caso in cui, in relazione alla particolarità della fattispecie, la stessa debba essere considerata del tutto superflua in quanto la prova della mancanza o insufficienza delle garanzie patrimoniali del debitore sia già stata acquisita”.

Applicando detta ratio decidendi alla fattispecie esaminata la Corte di Appello di Bologna ha così statuito che: “se la previsione dell’esperimento dell’esecuzione forzata deve essere considerata quale espressione dell’ordinaria diligenza che il creditore deve adottare per la realizzazione del proprio diritto, finalizzata, in particolare a dimostrare la mancanza o l’insufficienza delle garanzie patrimoniali del debitore, il relativo obbligo viene meno allorché il suo adempimento ecceda i limiti dell’ordinaria diligenza ovvero quando l’esecuzione forzata non sia necessaria a dimostrare la mancanza o l’insufficienza delle garanzie patrimoniali del debitore essendo già stata fornita aliunde la relativa prova”.

 

Ciò posto il Giudice di secondo grado ha ritenuto assolta la dimostrazione dell’insolvenza dell’imprenditore sulla base della documentazione relativa alla mancanza, in capo all’ex datore di lavoro, di beni immobiliari, sul fatto che l’azienda si trovava in una situazione di grave difficoltà - tanto che non aveva potuto accettare alcuna soluzione conciliativa - ed era, altresì, inattiva da tempo e sulla base della produzione di un verbale di pignoramento negativo, risultando, in ogni caso, superfluo il tentativo di penetrare, da parte dell’Ufficiale Giudiziario, nell’immobile dove la società aveva sede.

 

Ciò premesso la Corte di Appello di Bologna ha rigettato il ricorso dell’INPS e confermato la sentenza del Tribunale di Parma.